Oggi, sempre di più, assistiamo a bambini fragilissimi rispetto alla ferita che ricevono, ad es. una sgridata del genitore, rimprovero dell’insegnante o dell’allenatore sportivo. Ciò spesso è dovuto al fatto che il bambino non riesce a tollerare la frustrazione dovuto al mancato soddisfacimento del suo bisogno di quel momento.
Ciò molto spesso è strettamente legato allo stile comunicativo che il genitore mette in atto. Sappiamo infatti che, a seconda delle situazioni, dell’educazione ricevuta, della propria storia di vita, il genitore può utilizzare nei confronti del figlio una impostazione educativa diversa.
Questa è l’impostazione educativa che prevale tra i genitori di oggi. In particolare si osserva che il genitore si sente in dovere di proteggere il figlio da ogni fatica, da ogni impegno, da ogni preoccupazione: presenta un atteggiamento di difesa e di protezione. Lo abitua fin da piccolo a pensare che il mondo è una giostra colorata e che a lui deve essere riservato sempre il cavallino bianco. Tende a farlo vivere in una “campana di vetro”, adagiato in un letto di piume. Guai a fargli provare il minimo cenno di imbarazzo o di tristezza. Il genitore tende a soddisfare tutte le richieste del figlio facendogli evitare qualsiasi occasione di frustrazione, nella convinzione che siano fonte di insicurezza e di disagio emotivo. Quando vengono offerte regole spesso il genitore risulta incoerente o non le mantiene con fermezza.
Un esempio di questo stile lo si ha quando il bambino sta guardando la TV ma è ora di uscire. Il genitore probabilmente dirà: “ E’ ora di spegnere la TV” ed il figlio protesterà dicendo: “ No, non voglio altri cinque minuti”. Il genitore in questo caso probabilmente procrastinerà la decisione concedendo altri cinque minuti e poi altri cinque… fino a quando alla fine si arrabbierà ed entrambi entreranno in un conflitto animato. A lungo andare questi genitori si stancano e reagiscono con rabbia e perdono la pazienza. Inoltre, la difficoltà nel gestire la rabbia che emerge nel bambino davanti ad un NO, fa si che si tenda a corromperli per ottenere da lui i comportamenti desiderati (il genitore fa regali, compra giocattoli, asseconda capricci). Siamo iperprotettivi ad esempio quando mettiamo a posto i suoi giochi, i suoi libri, i suoi quaderni. Quando arriva a casa con una nota, invece di comprendere quello che è successo colpevolizziamo il mondo esterno. Quando facciamo i compiti insieme a nostro figlio e gli spieghiamo la lezione, per essere sicuri che non debba affrontare il dispiacere di un brutto voto.
Il rischio a lungo andare è che il bambino sviluppi una bassa autostima e di fronte alle fatiche della vita si senta insicuro e disorientato.
Al contrario, esiste il genitore, che per storia di vita-educazione ricevuta a sua volta dai genitori, è più portato a dare regole e comandi rigidi. In particolare, tende ad essere direttivo ed esigente, impone regole di condotta senza discuterle con i figli. La difficoltà maggiore è quella di capire cosa sta provando il figlio in un determinato momento.
Riprendiamo l’esempio precedente del bambino cha sta guardando la TV ed è ora di uscire. Genitore :“E’ ora di spegnere la TV”, il figlio: “Altri cinque minuti”. In questo caso probabilmente il genitore alzerà subito la voce oppure spegnerà la TV senza un dialogo con il figlio. Nel corso dello sviluppo è probabile che il bambino tenderà a ricercare il genitore attraverso l’obbedienza ed il compiacimento, mostrando fuori casa comportamenti aggressivi o al contrario potrà apparire eccessivamente timido nel relazionarsi con gli altri per paura delle critiche.
In questo caso il genitore mostra al figlio che ha stima di lui, ha fiducia nelle sue capacità, possibilità e potenzialità. Questo lo dimostra sostenendo e comprendendo il suo stato emotivo nei momenti di fatica e disagio. Rispetta il figlio, ma sa farsi rispettare.
Riprendendo l’esempio: Il bambino sta guardando la TV ma è ora di uscire. Genitore :“E’ ora di spegnere la TV perché dobbiamo uscire”, il figlio: “Altri cinque minuti”. In questo caso, a differenza della modalità iperprotettiva o autoritaria, il genitore è in grado di capire cosa sta provando il figlio in quel determinato momento e glielo espliciterà, pur non cedendo al bambino, perché ha chiaro che la decisione spetta al genitore: “Tesoro, lo so che ti piace tanto guardare la TV, ma adesso è veramente ora di andare.” Oppure: “ Vorrei tanto farti continuare a guardare la TV ma adesso non si può più”. Il genitore autorevole sa dare norme e limiti chiari. Sa essere flessibile ma non elastico.
Le regole e le norme sono indispensabili per rispettare gli altri e se stessi. Poiché fanno parte di un progetto educativo globale, che i genitori e gli educatori vogliono far percorrere al bambino, essi variano notevolmente in base all’età, alle qualità, alle caratteristiche di quest’ultimo e dell’ambiente che lo circonda. Il bambino deve sapere con chiarezza e certezza, ciò che è giusto fare e ciò che non è giusto. Distinguere ciò che è possibile, da ciò che non lo è. Ciò che è bene da ciò che è male.
Bisogna comunque tener conto del fatto che tollerare la frustrazione è una capacità che si sviluppa con il tempo, grazie a un allenamento costante. Per questo dobbiamo insegnare ai nostri figli ad essere perseveranti: la perseveranza è essenziale per superare le situazioni avverse. Se imparano che con la costanza possono risolvere molti dei loro problemi, sapranno come controllare la frustrazione in diverse occasioni.
Ricordiamoci sempre che: “La vita è una corsa a ostacoli: come può nostro figlio imparare a superarli se lo alleniamo a correre in una pista senza ostacoli? O se corriamo insieme a lui, tenendolo in braccio? Se lo proteggiamo troppo non gli insegneremo a vivere.”
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