Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione in età evolutiva

Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione in età evolutiva

Situazioni relative al rifiuto del cibo sono comuni durante l’età evolutiva. Esse possono manifestarsi durante fasi di criticità e cambiamento per il bambino (ad esempio il periodo dello svezzamento o dell’acquisizione dell’autonomia alimentare). Il rapporto che il bambino svilupperà con l’alimentazione è influenzato anche dal compito di cura e accudimento che ogni genitore assolve. Troveremo il genitore che stimola e incoraggia l’autonomia del figlio e quello più insicuro che tende a diventare iperprotettivo e inquieto.

Che cos’è un disturbo dell’alimentazione?

I disturbi dell’alimentazione e i disturbi della nutrizione possono manifestarsi con modalità diversificate. Le manifestazioni di irritabilità, oppositività, collera, faticabilità eccessiva, interruzione e disinteresse precoce dell’assunzione di cibo, il vomito e lo sputare hanno un esordio precoce. Tale rifiuto po' aggravarsi quanto più l’adulto cerca di forzarlo. Poi troviamo i bambini definiti “spizzicatori” (picky eaters) questo quadro rientra in un range non patologico di condotta alimentare. È caratterizzato da scarso appetito e rifiuto selettivo per una gamma specifica di cibi.

I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione più frequenti in età evolutiva sono:

  • disturbo della pica;
  • disturbo della ruminazione;
  • disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo;
  • anoressia nervosa;
  • bulimia;
  • binge eating.

Nel disturbo della pica, il bambino tende ad ingoiare sostanze non alimentari, non commestibili come capelli, sabbia, foglie, insetti, sassi. Deve protrarsi per almeno un mese.

Nel disturbo della ruminazione, il bambino tende a rigurgitare il cibo dopo il consumo. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, sputato o ringoiato dal bambino stesso.

Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo è caratterizzato dalla persistente incapacità di soddisfare le appropriate capacità nutrizionali e/o energetiche. Il bambino presenta un disinteresse per il mangiare evitando i cibi sulla base di alcune caratteristiche sensoriali (olfattiva, tattile, ecc.), oppure presenta timori legati a eventuali conseguenze negative in seguito all’ingestione del cibo. Questo quadro conduce a una significativa perdita di peso, compromissione del funzionamento psicosociale, malnutrizione e dipendenza eccessiva dall’alimentazione di tipo parentale.

L’anoressia nervosa si manifesta con un’assunzione ristretta di calorie in relazione alle necessità. Comporta un peso corporeo minore di quello previsto rispetto a età, sesso e salute fisica. A questo si associa un’alterazione nella percezione e nella valutazione che il bambino/ragazzo ha di sé e di conseguenza un’eccessiva preoccupazione di diventare “grasso” anche se il peso è significativamente basso.

La bulimia nervosa prevede episodi di abbuffate in cui il bambino/ragazzo, in un periodo limitato di tempo, ingerisce una quantità eccessiva di cibo con la sensazione di perdita del controllo durante l’episodio non riuscendo a smettere. In seguito all’abbuffata, vengono attuate condotte compensatorie quali: vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, attività fisica eccessiva. Inoltre nella persona che soffre di bulimia nervosa l’autostima è influenzata in misura eccessiva dalla forma e dal peso corporeo.

Il disturbo da binge-eating presenta un quadro clinico in parte simile a quello precedente, in quanto caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffata (almeno una volta a settimana per tre mesi). È definito come “mangiare in un determinato periodo di tempo, una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili”. A differenza della bulimia nervosa, non vengono messe in atto condotte compensatorie quali: vomito e abuso di lassativi. Inoltre queste abbuffate nel binge eating sono caratterizzate dai seguenti aspetti:

  • mangiare molto più rapidamente del normale;
  • mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni;
  • mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente affamati;
  • mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;
  • sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o molto in colpa dopo l’episodio.

Per i bambini e gli adolescenti il livello di gravità del disturbo è stabilito da un percentile del’IMC (indice di massa corporeo) per l’età.

Quali sono le cause?

Le cause che possono far ricondurre alla comparsa di un disturbo alimentare in età evolutiva sono molteplici date dalla complessità di un disturbo di questo tipo. Tra i fattori maggiormente implicati troviamo: vulnerabilità temperamentali e ambientali, fattori precipitanti quali: lutti, abusi, malattie e fattori di mantenimento

Trattamento

Va sottolineato che, per poter effettuare diagnosi di disturbo dell’alimentazione è necessario escludere alcune condizioni specifiche, quali:

  • la presenza di malattie organiche che possono esserne la causa;
  • la possibilità che il comportamento rilevato faccia parte di una pratica culturalmente sancita;
  • l che la difficoltà alimentare costituisca un sintomo di altri disturbi mentali (disturbi d’ansia, dell’umore, ecc.).

Una diagnosi accurata e precoce è dunque fondamentale. La valutazione così come l’intervento cognitivo-comportamentale hanno come obiettivo quello di identificare e correggere cognizioni (pensieri) distorte sia nel bambino/ragazzo che nei genitori al fine di modificare anche i comportamenti alimentari disadattivi a essi associati.

Tra i passi più significativi dell’intervento cognitivo-comportamentale si evidenziano dunque i propositi di:

  • fornire informazioni adeguate riguardanti il disturbo;
  • identificare i pensieri disfunzionali che mantengono il disturbo;
  • ridurre la frequenza e l’intensità dei comportamenti alimentari scorretti (ad esempio le abbuffate);
  • suggerire modalità alternative e più funzionali di comportamenti alimentare;
  • incrementare l’autostima;
  • promuovere il problem solving;
  • ottimizzare le capacità di autocontrollo e automonitoraggio grazie alle quali il bambino/ragazzo impara a riconoscere, affrontare e prevedere le situazioni a rischio (es. diario alimentare).

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